450 = QUATTROCENTOCINQUANTA PERSONE

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Quattrocento cinquanta, penso a questo numero ed alla parola ad essa accostata: esuberi.
E’ una parola acida, impersonale, perfida, perfino nel suo significato.

Consultando il dizionario alla voce “esubero” dice: “s. m. (burocr.) eccedenza, esuberanza: esubero della leva militare.”
Singolare maschile, termine burocratico (e già qui mostra il suo primo lato impersonale), che significa eccedenza: ovvero qualcosa in più della quale non ho bisogno, posso farne tranquillamente a meno, è superfluo, inutile. Ma significa anche esuberanza, e l’esuberanza nel suo significato figurativo è sinonimo anche di vitalità. Allora forse un esubero è solo una persona vitale?.
Potremmo allora dire con un sillogismo che se l'Azienda o il Curatore dichiara esuberi e consideriamo il significato figurativo della parola, vuol dire che l'Azienda  considera 450 dei suoi dipendenti persone vitali??
Purtroppo no, in questo caso il sillogismo non funziona.
450 lavoratori che con una sola parola diventano di colpo persone superflue, inutili, semplicemente “persone in più” rispetto a quante un sistema efficiente considera necessarie allo svolgimento delle attività lavorative dell’Azienda a Roma, in Italia.
Il lavoratore è un numero, la persona un esubero, come l’oggetto obsoleto che non serve più. Come il cellulare, che quando non è più efficiente va cambiato, diventa un esubero della nostra quotidianità. Sembra un paragone irriverente, una persona come un cellulare, un lavoratore come un oggetto, ma non si è purtroppo troppo lontani dalla realtà delle cose.
In gergo “tecnico manageriale”, infatti, un lavoratore è chiamato FTE, che è l’acronimo inglese di Full-Time Equivalent, ed è un metodo di calcolo che è usato frequentemente sia per misurare in maniera univoca il numero dei dipendenti di un’azienda sia per il loro dimensionamento in fase di pianificazione del personale. Un FTE equivale ad una persona che lavora per 8 ore in un giorno. Non siamo più lavoratori, persone, siamo solo ed esclusivamente un numero conteggiato nei piani industriali.

Veniamo spogliati di tutte le nostre caratteristiche peculiari di esseri umani. Non conta più se siamo uomini o donne, quale età abbiamo, quali studi abbiamo fatto, in quale modo lavoriamo, quale tipo di professionalità abbiamo raggiunto o saremo in grado di raggiungere, quale tipo di relazioni siamo capaci di avere con i colleghi o i clienti, né tanto meno cosa riusciamo a portare delle nostre caratteristiche individuali nei luoghi di lavoro come valore aggiunto alla mera produttività lavorativa. Siamo solo degli “Equivalent” che lavorano per 8 ore al giorno ed in quanto tali veniamo calcolati.
Il Curatore e Sindacati confederali quindi, hanno calcolato e conteggiato, stabilito che 450 FTE non sono più necessari per svolgere il lavoro Aziendale.
Su come “scegliere” queste persone, ad esempio requisiti di anzianità o pensionistici, su quali criteri adottare (volontarietà di uscita o meno), in che modalità farle uscire dall'Azienda (ovvero in che modo e quante) ovviamente non è dato sapere.

L’epilogo è atrocemente semplice: nessun criterio rispettato, mentre i sindacalisti confederali appaiono intoccabili.
La scure cade su quelli "scomodi" non allineati, lavoratori più anziani con lo stipendio alto, ottenuto con anni di lavoro sulle spalle o dall'indennità turnista e non con accordi contrattuali, ancora in essere, che vedono corrispondere a “qualcuno” il notturno, anche se non è effettivamente lavorato.
Il sindacato confederale, per agevolare queste uscite, ha mascherato la realtà senza voler però in alcun modo sostenere il contrario, ovvero la reale necessità di questi esuberi, ma soprattutto partecipando, con l’Azienda all’assunzione di responsabilità delle scelte che sono  state intraprese.

UNO SCEMPIO DI CUI SI DOVREBBERO VERGOGNARE!


Ma voglio piuttosto soffermarmi, sulla condizione lavorativa di persone che sono considerate come numeri. Condizione simile in qualsiasi settore del mondo del lavoro. Condizione che è forse, ad oggi, l’unico vero valore che può essere aggregante per i lavoratori del nostro paese.
Non tanto quindi il salario, i turni di lavoro, eventuali benefit, il posto fisso o un lavoro usurante nei confronti del lavoro d’ufficio, ma la comune condizione dell’essere numeri, identità indefinite e superflue anche (e nonostante) molti anni di servizio.

La condizione è la stessa a Pomigliano, in FIAT, per i dipendenti della Vilnus in Sardegna o come per i dipendenti dell’OMSA di Faenza (che è andata in Serbia), in Alitalia, in Argol e Meridiana.
Siamo tutti ugualmente ed indissolubilmente numeri a disposizione del management delle Aziende. Siamo semplici unità produttive come qualsiasi altra macchina e siamo indispensabili e sostituibili tanto quanto loro!

Si è persa, nella nuova concezione che la modernità (come dice Marchionne) richiede del lavoratore -vedasi le dichiarazioni di Sacconi sul nuovo statuto dei lavori e non dei lavoratori- qualsiasi forma di tutela della dignità stessa del lavorare.

E’ il riconoscimento della dignità del lavoro che ci rende davvero uomini liberi, sovrani della nostra libertà e della nostra vita.
Ci chiedono, invece, in cambio del lavoro di non essere noi stessi, ci trattano come indicatori numerici, meri esecutori di ordini.
Abbiamo invece la necessità di ridare un senso ed un valore al lavoro, dobbiamo ridargli la sua importanza e la dignità che merita. Ed abbiamo anche la necessità di lottare contro una modernità che non ci chiede solo flessibilità, deroghe ai nostri diritti vitali e costituzionali, ma anche di essere semplicemente numeri e non persone pur di lavorare.
Mi sento davvero a disagio a pensare alle persone come numeri, svuotate da ogni individualità e caratteristica, svilite nel profondo del significato dell’esistenza.
Noi siamo persone? Lavoratori? o Solo meri numeri consumatori???

Mi pare di rileggere nel comportamento dei grandi manager capitalisti una frase che lessi di Sebastiano Vassalli qualche tempo fa: Il lavoro è l’ultima risorsa dei coglioni.

Un lavoratore Groundcare


Fiumicino, 12 gennaio 2015

USB Lavoro Privato