Aeroporto di Torino, la crisi la pagano i lavoratori: 40 euro al mese per recarsi al lavoro
Dal marzo 2019 la crisi pandemica ha soffocato, e continua a farlo, l’economia del Paese. A registrare un calo vertiginoso dell’attività è stato, senza dubbio, il settore turistico e in particolar modo quello del trasporto aereo. Vettori che hanno dovuto lasciare a terra i propri aeromobili per troppo tempo e qualcun altro che ha abbandonato a terra il proprio personale, a tempo indefinito.
La crisi è stata altrettanto percepita – sarebbe meglio dire subita – anche da tutti quei lavoratori che prestano il loro servizio per il buon funzionamento dei siti aeroportuali. È il caso degli operatori impiegati presso l’aeroporto di Torino-Caselle. La Società di Gestione SAGAT S.p.A., incaricata della gestione dell’intero sito aeroportuale e dei servizi connessi, ha ben pensato di limitare le perdite economiche degli ultimi anni facendo ricorso a sistematici aumenti che pendono sulle teste delle diverse centinaia di lavoratori che operano nello scalo. La soluzione è apparsa fin troppo semplice, il business plan spietato.
La drastica riduzione dei voli negli ultimi anni ha comportato un minore introito dei servizi accessori quali, per fare un esempio, i ricavi relativi ai parcheggi. Diminuiscono i transiti, si riducono gli incassi. Allora, quale migliore soluzione se non quella di aumentare il costo mensile dei parcheggi per i lavoratori impiegati presso lo scalo.
Sì, è bene sapere che è prassi consolidata della SAGAT quella di far pagare ad ogni lavoratore il costo del parcheggio nelle prossimità del sito. Infatti, tutti gli operatori aeroportuali (addetti vendite, operatori della security, addetti delle pulizie e dipendenti delle società che operano nei servizi concessi in appalto dal gestore) per poter parcheggiare la propria autovettura nelle vicinanze dell’aerostazione non hanno altra soluzione che pagare questo obolo allo stesso gestore al quale è finalizzato il servizio. Incredibile, ma vero.
Il lavoratore deve pagare per poter raggiungere il posto di lavoro, non ha alternative. Questo perché non esistono spazi gratuiti nelle vicinanze del sito. Sono stati tutti lottizzati dalla SAGAT e resi a pagamento o concessi in uso alle società di rent-car o di car-sharing. In altre parole, la Società di Gestione realizza profitti sugli stessi lavoratori che operano per suo conto.
Gli addetti hanno visto crescere negli anni il costo del parcheggio che da poco più di 20 euro mensili del 2017 è arrivato a costare ben 40 euro al mese. Un incremento vertiginoso in quattro anni.
Da qualche mese, inoltre, la SAGAT ha ridotto gli spazi concessi – si fa per dire, perché sono strapagati – agli operatori aeroportuali per destinarne una buona parte ad una nota compagnia di car-sharing che opera nel capoluogo torinese. Con questa manovra, ha ridotto ulteriormente la capacità dei parcheggi riservati ai lavoratori, che potranno trovare spazio in aree ben più distanti. Diminuiscono gli spazi, ma aumentano i prezzi.
Una soluzione che ha permesso di compensare la perdita economica causata dalla pandemia dando fondo alle tasche dei dipendenti che non si possono sottrarre al giogo della società di gestione, salvo voler raggiungere a piedi il sito aeroportuale dal vicino comune di Caselle, avventurandosi in funamboliche acrobazie per superare il tratto di tangenziale che separa il centro cittadino dall’aeroporto.
La pandemia, è risaputo, sta mettendo a dura prova i lavoratori. Le restrizioni, la cassa integrazione, i tamponi a spese dei dipendenti, le mascherine, gravano sempre di più sul bilancio delle famiglie dei lavoratori.
Appare, però, inaccettabile che una società alla quale è stata affidata la gestione di un servizio di pubblico interesse, possa sfruttare la necessità dei lavoratori per fare cassa e compensare gli squilibri del mercato. Invece di andare incontro alle centinaia di operatori prevedendo condizioni di maggior favore, soprattutto, in occasione di un periodo particolarmente complesso, utilizza gli stessi come sicura riserva di liquidità alla quale attingere nei momenti di magra.
Un esempio di speculazione ai danni dei lavoratori che non ci si aspetta da chi è chiamato a gestire un servizio pubblico ed essenziale come quello del trasporto aereo. La corsa al risultato, al profitto, ai risultati di bilancio non sembra avere limiti.
- Perché i lavoratori devono pagare per lavorare?
- Perché un lavoratore deve sborsare 40,00 euro mensili – e quindi 480,00 all’anno - per poter raggiungere il posto di lavoro?
- Perché la società di gestione deve lucrare sugli operatori che prestano il proprio lavoro per suo conto?
Domande semplici che risultano tanto assurde quanto doverose.
Come USB andremo a fondo a questa vicenda e chiederemo spiegazioni in merito per capire chi ha deciso e pianificato questa strategia che vede, ancora una volta, i lavoratori costretti ad addossarsi il costo della pandemia. Sui lavoratori, già martoriati dalla crisi, non deve gravare alcun costo.
USB Lavoro Privato Torino