Alitalia ultimo atto: quasi tremila licenziamenti. Chi ha gestito la mattanza ci risparmi l’ipocrisia
La notizia dell’avvio delle procedure di licenziamento da parte di Alitalia non è una sorpresa o un fulmine a ciel sereno, dato che era attesa oramai da giorni come diretta conseguenza della scelta fatta da Governo Meloni tramite il decreto legge “Asset” convertito a colpi di fiducia di prorogare la cassa integrazione non oltre il 31 ottobre 2024. La tempistica di questa procedura permette ai commissari straordinari di poter inviare le lettere di licenziamento in tempo per assorbire il preavviso nella cassa integrazione in modo da poter espellere tutti i propri dipendenti dal 1° novembre prossimo.
La mattanza dei tremila dipendenti Alitalia non è nasce certo oggi ma è avvenuta più di due anni fa, tra il 15 ottobre, giorno della nascita di ITA senza accordo e in forzata discontinuità con Alitalia, e il 2 dicembre 2021, giorno della firma degli accordi che accettavano ogni umiliante condizione pretesa nel nome della famigerata “discontinuità” da Altavilla e dal governo Draghi, che fino a quel momento eravamo riusciti a far rifiutare a tutti i sindacati.
Da quel momento, i lavoratori e le lavoratrici Alitalia che non furono “selezionati” dai loro stessi dirigenti, per volare sui loro stessi aerei e con le loro stesse divise e le loro stesse strutture, hanno subito le violenze di un sistema clientelare e discriminatorio. Hanno iniziato un viaggio nel deserto dove la politica e il sindacato collaborativo li ha prima li ha prima traditi e poi abbandonati e nonostante migliaia di ricorsi legali contro l’evidente illegittimità di tutto questo e una costante pressione con tanti presidi e manifestazioni da parte di USB, insieme a Cub e Navaid, anche il governo Meloni ha scelto di non affrontare un problema occupazionale enorme, lasciando intatti livelli un sistema intollerabile per una compagnia pubblica al 100%.
Per questo chiediamo che almeno a questi tremila uomini e donne che oggi affrontano il licenziamento sia risparmiata questa nauseabonda fiera dell’ipocrisia da parte di chi ha gestito questa orrenda operazione.
Se davvero si vuole recuperare questi tremila lavoratori e lavoratrici per tutelare occupazione e dignità del lavoro, si smetta di coprire gli errori fatti e si cerchino quelle che sono a portata di mano anche se non sono semplici. Ancora oggi si permette alla dirigenza di Ita, quasi tutta proveniente da Alitalia, di pescare liberamente dal mercato invece di assumere dal bacino dei cassaintegrati, scaricando i costi dei licenziamenti sulla collettività. Chiedere la proroga della cigs fino al 2025 è sacrosanto ma suona come una presa in giro dopo che il Governo ha iniquamente tagliato la prestazione al 60% senza alcuna misura di recupero, penalizzando migliaia di lavoratori rei solo di aver difeso il loro posto di lavoro.
La strenua resistenza dei lavoratori e lavoratrici Alitalia merita il massimo rispetto e non dichiarazioni ipocrite; se questi attori vogliono davvero modificare questa situazione scabrosa devono fare cose concrete. Non è mai troppo tardi per cambiare rotta ma il tempo sta finendo. Per i lavoratori Alitalia bisogna agire ora!
Nel frattempo, le migliaia di ricorsi ancora in piedi contro la mancata applicazione dell’articolo 2112 del codice civile stanno per entrare in una fase cruciale dove nei prossimi 70 giorni i giudici dovranno anche decidere se accogliere “l’interpretazione autentica” emanata dal Governo tramite decreto legge che tenta di spacciare per liquidazione il contratto di vendita a 1(uno) euro di asset che valgono parecchie decine di milioni.
L’avvio della procedura di licenziamento potrebbe essere considerato l’ultimo atto della storia di Alitalia, la compagnia aerea che ha fatto la storia di questo Paese dal 1947, strangolata dalla politica italiana per regalare il mercato di trasporto aereo italiano ai concorrenti europei, che infatti da anni festeggiano a suon di decine di milioni di profitti fatti in Italia.
Se vediamo oggi la liquidazione in atto di Acciaierie d’Italia (ex Ilva) e la cessione della rete di TIM, comprendiamo come Alitalia sia stata solo l’antipasto di un inarrestabile declino industriale di un Paese svenduto a prezzi di saldo, un fatto che inchioda le responsabilità di un sistema politico, industriale e sindacale marcio, ma che sarà pagato a carissimo prezzo dai suoi lavoratori e lavoratrici.