ANCORA UN FERROVIERE CHE MUORE SUL LAVORO: NON SIAMO CARNE DA MACELLO!
Siamo alle solite, potremmo scrivere oramai volantini precompilati, da utilizzare ogni qual volta ne muore un altro.
Si avete capito bene, perché anche ieri 17 giugno è morto un ferroviere di 31 anni, dipendente nella DTP di Milano di RFI, folgorato mentre lavorava nella tratta tra Sarmato e Castel San Giovanni nel piacentino. Dalle prime informazioni, il collega, che era della TE è morto durante una interruzione programmata e inevitabilmente viene da chiedersi come mai la linea non fosse disalimentata.
Ma non vogliamo accodarci al coro di quelli che cercheranno di fare distinguo, speculando su un analisi “discutibile” dei fatti, chi come noi sugli impianti ci lavora sa benissimo come funziona, grazie ad un clima che vede un modo di operare sempre più spesso lontano da qualsiasi regola, la prima reazione a questi eventi è quella di non subire le conseguenze delle violazioni normative che vengono quotidianamente compiute e questo garantirà all'Azienda il silenzio più assoluto.
È indubbiamente l'aspetto più perverso di vicende come questa, siamo prima spinti ad operare fuori ogni regola, chi ne richiede il rispetto è nella migliore delle ipotesi un rompicoglioni, a volte è considerato pure un pirla e quando poi succede il fattaccio, l'Azienda non solo si indigna, ma cerca di scaricare tutte le responsabilità sull'ultimo anello della catena.
Non prendiamoci in giro quindi, non sapremo mai veramente cosa è accaduto, soprattutto perché nessuno dirà mai perché è accaduto e allora il miglior contributo che possiamo dare in questo momento è suggerire alcune ipotesi sul perché i lavoratori accettano di esporsi a questi rischi.
Ci sono le responsabilità principali che sono comunque ascrivibili all'Azienda, perché è lei che incentiva comportamenti scorretti e lo fa fino ad effettuare forti pressioni sui lavoratori, un “modus operandi” che bypassi le regole, per usare meno personale, per risparmiare tempo e spesso anche perché il principio che deve passare è che quando l'Azienda ordina bisogna obbedire punto e basta.
Ci sono poi le responsabilità di quei sindacati che in virtù del riconoscimento derivato dalla firma di pessimi accordi e ancor peggiori contratti, grazie ad una continua dimostrazione dell'alto livello di corruzione e connivenza con l'Azienda, hanno ingenerato nei lavoratori quel senso di solitudine che rende per l'azienda tutto più facile.
Poi ci sono i lavoratori, oramai divisi tra mille rivoli, giovani contro vecchi, linee storiche contro l'alta velocità e poi le continue diatribe tra professionalità, tutti concentrati a giocare la propria partita individualmente. Ovviamente con questi presupposti i sentimenti che si generano sono tanti, la paura, la rassegnazione, la convinzione che seguire la corrente sia più conveniente, la presunzione, ragioni diverse che portano tutte alla stessa conclusione, siamo carne da macello che aspetta, più o meno consapevolmente, il proprio turno.
Vorremmo solo ricordarvi per l'ennesima volta un dato, dal 2007 al 6 maggio 2013 è morto sul lavoro, un ferroviere ogni 2 mesi (molti erano manutentori) dal 6 maggio ad oggi di ferrovieri ne sono morti 3.
SIAMO STANCHI DI ASSISTERE A QUESTO STILLICIDIO, DOBBIAMO CAMBIARE L'ORDINE DELLE NOSTRE PRIORITA'
DOBBIAMO MANDARE ALL'AZIENDA E A QUEI SINDACATI CHE LA SOSTENGONO UN MESSAGGIO FORTE E CHIARO:
ORA BASTA!