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ARTICOLI DI Rassegna STAMPA 19 Settembre 2008

 


Alle 17 in piazza scatta l’applauso
Hostess e piloti: e ora continueremo a lavorare, nell’interesse di tutti. «Meglio così, era un’offerta di rapina» A Milano contestati i soci Cai: «Buffoni» Castelli (Lega): allibito dalle scene di giubilo

ROMA - Applausi scroscianti e pugni levati in segno di vittoria. È stata un’ovazione quella con cui i dipendenti Alitalia di Fiumicino hanno accolto l’annuncio del ritiro dell’offerta Cai. Ai lavoratori dello scalo romano, da giorni riuniti in assemblea permanente davanti ai varchi equipaggi, la notizia dei ritiro è stata data dai megafoni dei sindacati autonomi, quelli esclusi dal tavolo del confronto. E subito dalla folla di hostess, steward, piloti e personale di terra in attesa si è levato un lungo e rumoroso applauso carico di nervosismo, di tensione e di preoccupazioni per il futuro. «Scene di giubilo che lasciano allibiti», ha polemizzato il sottosegretario leghista alle Infrastrutture Roberto Castelli.
«Questi imprenditori che se ne sono andati non hanno mai presentato un’offerta credible, ma un’offerta di prepotenza e di rapina che i lavoratori non avrebbero mai potuto accettare. E adesso ci aspettiamo che il governo faccia il suo dovere nazionalizzando questa compagnia e tutelando l’azienda», ha detto il rappresentante nazionale della Cub Trasporti, Fabrizio Frati, invitando i lavoratori a ponderare le prossime mosse. Nel frattempo, e mentre le sei sigle sindacali che d’intesa con la Cgil hanno detto no al piano hanno già chiesto un incontro urgente al commissario Fantozzi, si continuerà a volare, anche senza stipendio. «Continueremo a lavorare stasera, domani, dopodomani, senza interrompere il servizio e nell’interesse di tutti, dell’azienda e di noi dipendenti», ha ribadito Giampalo Guerra, comandante Cargo dell’Anpac, prendendo la parola in assemblea. «Certo i tempi del fallimento sono molto stretti e i soldi in cassa sono pochi - ha aggiunto Guerra - ma visto che l’azionista di maggioranza è il Tesoro il commissario può sicuramente prendere tempo. In questo modo sarà possibile indire una gara di vendita trasparente». Nella certezza «che alle condizioni di Cai si farà avanti più di un interessato», ha ribadito Guerra ricordando che «i francesi avrebbero comprato accollandosi debiti per un miliardo e mezzo di debiti mentre per lo stesso bene Cai avrebbe sborsato, al netto, 350 milioni di euro».
L’uscita di scena della Cai, è stata applaudita anche a Milano, dove una rappresentanza di lavoratori ha presidato Palazzo Clerici, sede dell’assemblea, dando vita ad un’accesa protesta condita da slogan e insulti. Gli industriali impegnati nella cordata sono stati accolti al grido di «Buffoni, buffoni». E da Roberto Colaninno a Marco Tronchetti Provera nessuno è stato risparmiato. «Via la casta, riapre l’asta», «Meglio falliti che in mano coi banditi» hanno urlato i manifestanti al passaggio dei potenti.
Ma a sostenere che il fallimento è preferibile alla proposta Cai, c’è anche Antonio Di Pietro che nel pomeriggio di ieri si è presentato a sorpresa all’assemblea dei lavoratori di Fiumicino per invitarli a non mollare. «Credo che sul piano tecnico l’offerta Cai sia persino inferiore a quella che potrebbe stabilire il curatore fallimentare», ha detto Di Pietro annunciando che le violazioni di legge presenti nella procedura di vendita saranno denunciate alla Corte dei conti, alla procura generale della Repubblica e all’Antitrust. «Violazioni che, siamo convinti, siano tali da ingenerare una responsabilità erariale, contabile ed amministrativa, con risvolti che rasentano l’interesse privato in atti d’ufficio, da parte degli organi di governo che l’hanno posta in essere», ha aggiunto il leader dell’Italia dei Valori più volte interrotto dagli applausi.(n.a)


I CUB
Ora torni in mano pubblica

Ora che «gli imprenditori della cordata italiana hanno ritenuto impossibile realizzare nel silenzio il loro progetto di mettere le mani sul ricco mercato del trasporto aereo del nostro Paese, di scaricare i debiti sulla collettività e di licenziare migliaia di lavoratori, polverizzando l’ex-compagnia di bandiera», tocca al governo intervenire, prendendo atto del «fallimento del progetto di privatizzazione di Alitalia». Lo afferma Antonio Amoroso, del CUB Trasporti. «Solo dopo averla risanata e rilanciata attraverso l’intervento pubblico - ha aggiunto - si potrà procedere a stipulare accordi e alleanze commerciali con altri vettori europei e non solo».

19 settembre 2008 - Corriere della Sera

L'attesa e l'esultanza
A Fiumicino il boato da stadio «Meglio falliti che con quelli»
di Fabrizio Caccia

ROMA — Un boato da stadio, a Fiumicino, accoglie la notizia che la Cai ha appena ritirato l'offerta. Sono le cinque del pomeriggio e parte un coro che ha il fragore di una cascata: «L'Alitalia siamo noi, l'Alitalia siamo noi...». Situazione paradossale. Il fallimento della compagnia ora sembra davvero imminente, eppure esultano le hostess eleganti in giacca verde e i piloti con l'aquila d'oro sul cappello, gli assistenti di volo e gli operai della manutenzione, i precari dei call-center e gli stagionali, tutti insieme autoconvocatisi davanti al varco degli equipaggi, eletto ieri a cuore della protesta, a piazza della lotta e della speranza.
Centinaia di persone in assemblea permanente. Canti, slogan, striscioni: «Meglio falliti che in mano ai banditi», «Giustizia», «Resistere », «Questo è solo l'inizio », «Tutti col treno, andate tutti col treno... ». Già, quest'ultima è la minaccia più torva, per adesso comunque i voli sono garantiti, le piste libere, l'autodisciplina dei lavoratori è massima e così continuerà ad essere anche nei prossimi giorni, promettono i manifestanti.
Accanto ai baci e agli abbracci, però, non mancano le lacrime. La realtà è brutale e ne sono consapevoli. Ci sono madri di famiglia sinceramente preoccupate: «Non sappiamo se domani potremo ancora dar da mangiare ai nostri figli — si sfoga una giovane hostess con 11 anni di servizio —. Ma l'ultimatum della Cai era un ricatto che non potevamo accettare. Qui non ci sono in gioco soltanto i posti di lavoro e gli stipendi, qui c'è in gioco anche la nostra dignità. Altro che compagnia di bandiera, a forza di esuberi e di tagli volevano trasformare Alitalia in una low-cost». Sul piazzale, è venuta pure un'intera famigliola col passeggino: Massimo Domenici (personale di terra), Francesca Busello (assistente di volo) e il piccolo Edoardo di 2 anni e mezzo («Siamo qui per lui», dicono i genitori). «La gente ci è vicina — racconta Gabriele Gierse, hostess di Colonia da 25 anni in Italia —. Non solo i passeggeri, anche le altre categorie. Se dici che sei di Alitalia, scopri subito intorno a te un'enorme solidarietà».
In mezzo ai lavoratori, a metà pomeriggio, piomba Antonio Di Pietro, il leader dell'Italia dei Valori, che fa il pieno di applausi: «Grazie, grazie», gli gridano hostess e piloti, mentre lui col megafono in mano annuncia di voler ricorrere alla magistratura per quello che «non è un ultimatum ma un'estorsione aggravata », per quella che «non è una cordata ma un cappio al collo...». C'è chi strappa la propria tessera della Cisl, chi confessa di essere iscritto all'Ugl ma di non riconoscersi più nel sindacato della Polverini che voleva firmare l'accordo con la Cai. Andrea Cavola, del Sindacato dei Lavoratori (Sdl), uno dei sei che invece ha detto no all'ultimatum, invita alla calma, alla moderazione.
Ma ciò che più colpisce, tra tutte queste persone in piedi sul piazzale, che col passare delle ore si alternano, perché c'è chi deve imbarcarsi per San Paolo e c'è chi invece è arrivato da Buenos Aires, ciò che più colpisce — dicevamo — è lo spirito di corpo, il senso d'appartenenza, l'orgoglio Alitalia che li permea tutti. Alessandro Cataldo, 44 anni, assistente di volo, prende il microfono e dice: «Sono pronto a dare il mio stipendio di ottobre al commissario Fantozzi, purché lui sappia trovare un'alternativa e non continui a dire che l'alternativa non esiste e il carburante sta per finire». A decine, allora, alzano le mani: anche loro sono pronti a lavorare gratis per un mese. Ma non è una colletta. È l'ultima, disperata, orgogliosa, dimostrazione d'attaccamento ai colori («L'Alitalia siamo noi...»).
«Nazionalizzare la compagnia», è l'appello rivolto al governo da Fabio Frati e Antonio Amoroso, dei Cub, i comitati di base, che l'altro giorno hanno lasciato a terra 50 voli con uno sciopero. Poi ecco il comandante Massimo Notaro, del sindacato Up, con i suoi bei galloni d'oro sulla divisa. Annuncia che i piloti sono pronti a fare la loro parte («Ogni tre voli, uno gratis», è lo slogan). E Alessandra Pinci, 32 anni, hostess stagionale da una vita, 600 euro al mese di minimo, è disposta anche lei a decurtarsi la paga («Altro che privilegi...», sospira). Oggi, ancora sit-in. In attesa di sviluppi.