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ARTICOLI DI Rassegna STAMPA 22 Agosto 2008

 


21 agosto 2008 - Liberazione

Termini, mentre lo speaker annuncia guasti e soppressioni i passeggeri si lamentano, i sindacati litigano e i macchinisti tremano
«Certo che i treni si rompono, perché credete che facciano ritardo?»
di Maurizio Mequio

«In Trenitalia regna l'arroganzocrazia» dice un macchinista al binario 8. Così inizia il nostro viaggio nella stazione Termini, nei giorni caldi di Trenitalia. Nel vivo della polemica su fannulloni e sicurezza, abbiamo raccolto le testimonianze di dipendenti e viaggiatori in due giorni di arrivi e partenze, di arroganze subite e silenzi violati. La ferita per i licenziamenti di Dante De Angelis e degli otto di Genova è ancora aperta, crea una tensione che si respira. Silenzi che si leggono nell'arco di tempo di un cambio treno. O di una fermata. «Non posso, e dico non posso, parlare. Ho famiglia». Sono in molti i ferrovieri che hanno paura di esporsi, «Ci è stato chiesto di non farlo. D'altronde è scritto anche nel nostro contratto». «Cosa ci guadagno? Sono ancora a tempo determinato e poi chi lo ha fatto non è stato tutelato da giornali e televisione», afferma un ragazzo. Sono i più anziani, quelli con più anni di servizio, i lavoratori pronti a sbilanciarsi:«Quando i dipendenti piangono, i ricchi ridono. Sono provvedimenti esagerati, servono a fare belli i dirigenti. L'azienda è in difficoltà e con la lotta ai fannulloni si vuol far credere all'opinione pubblica che si è tentato tutto. Lo sfoltimento del personale è già avvenuto: negli ultimi 29 anni siamo passati dai 280mila dipendenti del 1979 ai 91mila attuali. Siamo un moribondo al quale viene fatta una trasfusione. Quando non ci saremo più, nessuno potrà esserne incolpato». Dante è un mito per tutti, con lui si apre la cortina di ferro del terrore, ognuno sente di dire la sua, di esprimere solidarietà al collega: «E' scandaloso. Ok, io non devo metterci bocca, sono un macchinista qualunque, ma se nemmeno chi si occupa di denunciare dei rischi lo può fare, allora siamo al delirio completo».
L'altro ieri davanti al Binario 14, ore 15.40. «Io sono entrato con lui nel 1981. E' un onesto lavoratore, che ama le ferrovie, ha detto quello che tutti sappiamo. Due Eurostar si sono spezzati? C'era da aspettarselo. Sempre a luglio, il 29, un treno merci si è spezzato a Salerno. E ancora peggio, qualche giorno fa, a un pendolino arrivato a Roma è caduto l'asse a terra». Interviene un altro macchinista: «Anche i treni ad alta frequentazione si rompono sempre, non se ne parla perchè si creerebbero allarmismi, ma è pericoloso. Cosa vi credete, perché i treni fanno ritardo? Una volta avevamo delle officine grandiose, ora è stato tutto esternalizzato. Appalti e subappalti ci regalano motori che ci lasciano a piedi. E riparazioni che saltano dopo cento chilometri».
Ore 16.15, due macchinisti in relax, seduti sulle scale che portano alla metro: «Dante come Giordano Bruno. Uno ha detto che la terra gira, l'altro che i treni non vanno. Li hanno messi al rogo perché pestavano i piedi». Il collega lo zittisce e lui: «Hai ragione, qui si rischia il posto».
Ore 16.20, lo speaker della stazione annuncia: «Soppresso il treno Roma-Formia per guasto» e un controllore in partenza da un Eurostar: «Sono su un catorcio da 60 miliardi delle vecchie lire. Ti si può scoperchiare come ad aprile scorso, oppure spezzare, ma guai a parlarne male, occorrerà aspettare un altro crack per avere delle spiegazioni». Un ingegnere ferroviario in partenza per Napoli spiega: «I guasti agli Eurostar del 14 e del 22 luglio scorso non sono da addebitare esclusivamente al macchinista. Probabilmente non ha azionato il dispositivo di frenata dolce, ma il treno non doveva comunque spezzarsi. Ci sono due ipotesi: o il gancio che teneva le due carrozze si è rotto per sovraccarico, o per fatica. E 999 volte su 100 la rottura per fatica è dovuta all'utilizzo di materiali che dovevano essere giudicati fuori servizio. Vedendo il danno un esperto può capire facilmente cosa realmente è successo, il problema è che chi farà questi controlli sarà di Trenitalia».
16.45, lo speaker annuncia un ritardo di 20 minuti per il treno diretto a Santa Lucia, mentre al binario 1 si parla di vacma. «E' una masturbazione mentale di Moretti», afferma un ferroviere. «Ce lo avevano presentato come un salvavita, poi i test e gli studi degli esperti hanno dimostrato che può portare al sonno del conduttore. Ora lo hanno modificato, ma si sono anche scoperte le carte. E' un modo per arrivare all'agente unico in cabina». Un suo collega: «Dicono che dovevano metterci al passo con il resto d'Europa, ma perché in Francia i macchinisti vanno in pensione dopo 25 anni di servizio, mentre noi dopo 40? Fare un viaggio di 6 ore all'andata e altre 6 al ritorno, da soli, porta all'alienazione. E' una fatica che col tempo si paga. A questo non ci pensano?»
E' la volta dei sindacati, un ferroviere indica la strada: «In fondo al binario 1, scendi e poi svolta a sinistra. C'è un lungo corridoio, ti sembrerà l'inferno, ma non ti spaventare. Ci sono Sdl, Fast e Orsa, il sindacato a cui era iscritto Dante.
Qui la tensione si sente. Un lavoratore ad alta voce: «ci dicono che i treni sono sicuri e che dobbiamo stare tranquilli». Poi una bestemmia. All'Orsa, otto macchinisti intorno a un tavolo: «Noi solitamente facciamo uno strato di terra e uno di giornalisti, uno di terra e uno di giornalisti». Poi sorridono, ma non intendono rilasciare dichiarazioni: «E' un casino, ne stiamo discutendo. C'è divisione tra tutti i sindacati. Abbiamo bisogno di tempo», ci confida poi un ferroviere. E un altro: «Per me qualcosa si farà». Prima giornata terminata, ma avvicinandoci alla metro notiamo dei manifesti firmati Sdl: «Proclamato lo stato di agitazione». Una notte per pensarci su. Nel frattempo Moretti dice che non cambierà linea e annuncia che a settembre partirà il progetto "agente unico in cabina".
Poi ieri, ancora Termini, ore 10.50. Il responsabile nazionale ferrovieri della Fast, Angelo D'Ambrosio dichiara: «Il passaggio ad un macchinista solo è un tema che doveva essere affrontato dalla politica. Nelle ferrovie non esistono più regole e la politica resta in silenzio. Per anni gli strumenti a nostra disposizione erano tra i meno all'avanguardia. E' stata la presenza del doppio macchinista a rendere i treni sicuri. E ora? Tutto è permesso. Si sta privatizzando il settore, ma nessuno controlla nulla. Nel settore cargo le aziende straniere hanno proposto contratti ingiusti e nessuno ha detto niente. Ora ci sarà anche Montezemolo, ma quando saranno disciplinati gli orari e i limiti pensionistici delle diverse aziende. Già, in alcuni casi, sono stati proposti turni di dodici ore continuate di notte». Sugli altri sindacati: «E' una situazione strana: noi siamo d'accordo con le posizioni della Cgil. La Uil, invece, sembra essere più vicina all'azienda. Uno sciopero a settembre non è fattibile perché sarà il mese delle trattative, si dibatterà dell'organizzazione delle officine e dell'agente unico». Sul Partito democratico: «Le uscite dei suoi esponenti ci hanno scombinato le cose. La confusione per lo strano rapporto tra governo e opposizione ha ingabbiato i lavoratori». Un macchinista a rischio sospensione per lo spezzamento di un Eurostar è iscritto alla Fast: «Un errore umano non compromette la sicurezza. L'azienda applica la logica della punizione, ma se un provvedimento deve essere preso, deve essere solo correttivo».
La Cub avverte: «Noi ci stiamo preparando alla lotta». Roberto Cortese di Sdl è dello stesso avviso: «Viviamo in un modo drammatico. Siamo di fronte a una chiara manovra intimidatoria. A settembre ci mobiliteremo. Dante ha difeso gli interessi di lavoratori e viaggiatori, è appoggiato e stimato da tutti noi. Oggi è in atto un tentativo di isolarlo». Su Cgil, Cisl e Uil: «Con i confederali non c'è sintesi in comune e purtroppo riteniamo che anche l'Orsa non si stia facendo carico dell'accaduto».
Infine loro, i viaggiatori.
Ore 12. 40, lo speaker annuncia: «soppresso il treno per Nettuno». All'uscita dal Taranto-Roma un sospiro di sollievo: «A noi, invece, è andata bene, solo pochi minuti di ritardo. All'andata erano stati quaranta». E una ragazza: «Bene un corno, vengo da Matera, ci avevano fatto anche lo spot: "i treni arrivano in tutti i capoluoghi d'Italia, anche a Matera". Mai cosa più falsa, da noi non arrivano e siamo patrimonio dell'Unesco. Sono partita da Ferrandina». Roma-Milano, una signora: «Dopo il servizio delle Iene, io non appoggio più la testa sul sedile, mi fa schifo». E un uomo in giacca e cravatta: «Per lavoro viaggio moltissimo... due bagni su tre sono sempre rotti». Roma-Reggio Calabria: «L'Italia è spezzata in due e Trenitalia ci sguazza, guarda che schifo: da una parte vetture rotte, lente e sempre in ritardo, dall'altra attenzioni e cure». Un signore in attesa del Roma-Napoli: «Io non mi fido dei pendolini, preferirei impiegarci mezz'ora di più, ma arrivare sicuro. Chi l'ha voluta questa alta velocità? Ce l'hanno imposta, credo che ci dovevano lasciare la possibilità di scegliere. Dove ce ne sarebbe bisogno non c'è e dove non ce ne sarebbe, sì». Una ragazza gli dà ragione: «Su questa tratta si paga di più e basta». Direzione Trani, un 22enne con un enorme zaino sulle spalle: «Sono stato in Nord Europa, dei treni bellissimi, avevo un po' di nostalgia del mio vecchio intercity. Mi è passata subito, è troppo sporco perfino per me, che in un mese di viaggio ho dormito anche per strada». «Non mi parlare di Trenitalia», si infervora un ragazzo. «Avevo partecipato a un suo concorso, sono laureato in economia con 110 e lode, ho superato gli scritti brillantemente, ma mi hanno fatto fuori agli orali. E' piena di raccomandati, mio padre è ferroviere, ma uno di quelli all'antica, legati alle ferrovie e pieno di sani principi. Avrei voluto fare il suo stesso percorso».
In conclusione: se i ferrovieri scioperassero? «Farebbero bene. Per una volta farebbero bene, li stanno licenziando senza motivo», afferma una signora al binario 14. «Io già non prendevo l'aereo, ora ho paura a prendere il treno. E non è colpa di chi ne ha denunciato i rischi, ma di chi non dà risposte», dice un padre con in braccio due bambini. Due ragazzi diretti a Milano sono contrari: «Per noi va tutto bene così, se ci fosse uno sciopero sarebbe per puro egoismo. Perché rovinare i viaggi a chi non c'entra nulla?». Un ragazzo romano li ascolta e risponde: «Sì, tutto bene, ma nun jie crede. Lasciali annà a prenne er pendolino e vedi poi come se grattano».


21 agosto 2008 - La Sicilia

CRITICHE del sindacato ai rappresentanti istituzionali
Scali merci chiusi, il Cub: «Così non va»
Il personale sarà trasferito a Gela a partire dal quindici settembre mentre, a parte l’intervento di Orazio Ragusa, nessun altro esponente politico ha cercato di proporre interventi risolutivi
di GIORGIO LIUZZO

Ragusa - Chiudono gli scali merci di Ragusa e Comiso. Sorpresa? Macchè. «Lo si sapeva già da tempo - afferma con amarezza il rappresentante del Cub Trasporti, Pippo Gurrieri - quello che davvero stupisce, in questa fase, ancorché si tratti di un periodo riservato alle ferie, il silenzio assordante dei nostri rappresentanti istituzionali. A parte il deputato regionale Orazio Ragusa, che ha chiesto una convocazione all’Ars della commissione competente per discutere la questione con maggiore dovizia di particolari, degli altri non si ha notizia. O meglio, non si ha notizia di loro eventuali interventi per far sì che il problema possa essere trattato come merita, nel tentativo di avviare una risoluzione. Purtroppo, a distanza di così tanto tempo ancora ci meravigliamo per una mancanza di interventi che, però, diventa il pane quotidiano dei nostri rappresentanti istituzionali quando gli stessi non sanno che pesci pigliare. La mia non vuole essere una critica nei confronti di chicchessia, beninteso, solo una spiacevole constatazione circa la gestione di una vicenda che è cominciata male e che è finita peggio, con il trasferimento dei lavoratori dei due scali nella struttura di Gela». Trasferimento che sarà operativo a partire dal 15 settembre, così come si evince dalle lettere che recano il suddetto oggetto, già in mano al personale. «Mi pare che il problema - afferma ancora Gurrieri - avrebbe meritato di essere trattato in un altro modo, con maggiore attenzione da parte di chi si pregia di difendere gli interessi del nostro territorio. Cosa che non possiamo assolutamente dire, visto e considerato che, ancora una volta, gli interessi della provincia di Ragusa vengono continuamente bistrattati. Per quanto riguarda la ferrovia, poi, è in atto un graduale smantellamento che lascia sbigottiti. Forse ci vogliono lasciare senza neppure un metro di strada ferrata? Certo, sarebbe davvero singolare se ciò si verificasse a fronte di un territorio che con l’aeroporto di Comiso, con il raddoppio di carreggiata della Ragusa-Catania, con il completamento dell’autostrada Siracusa-Ragusa-Gela, con il potenziamento del porto di Pozzallo, con l’autoporto di Vittoria, giusto per citare le infrastrutture sulla bocca di tutti, stava cercando di acquistare un appeal maggiore sul piano infrastrutturale. Appeal che verrà necessariamente meno se non si potrà contare su una ferrovia all’altezza della situazione. E mi pare che spogliata di due scali merci di fondamentale importanza per la crescita economica della nostra area, mi pare che all’altezza della situazione rimanga davvero poco». Che fare? «A questo punto non lo sappiamo neppure noi - aggiunge Gurrieri - perché gli allarmi li lanciamo da tempi non sospetti e sono caduti sempre nel vuoto. Non è servita neppure una marcia a piedi, da Modica a Ragusa, per far sì che il problema ferrovia venisse affrontato con una certa decisione». Ma perché i rappresentanti istituzionali non si mobilitano? Perché, a fronte di scelte così penalizzanti, non decidono di attuare decise azioni di protesta, anche clamorose se serve? Perché i rappresentanti istituzionali che dovrebbero difendere il territorio in realtà non lo fanno? Sono questi gli interrogativi che assillano il Cub Trasporti. E che dovrebbero assillare anche la comunità iblea, sempre più defraudata.


FERROVIE
Scali merci soppressi, Nicosia e Vargetto dicono no
di Giorgio Liuzzo

Ragusa - Scali merci soppressi a Ragusa e Comiso, dopo la denuncia del Cub trasporti qualcosa si muove. Il sindaco di Vittoria, Giuseppe Nicosia parla di «scelta improvvida, che finirà con il penalizzare un territorio già afflitto dalla carenza di infrastrutture e da un sistema viario vetusto e inadeguato. Smantellare gli scali merci significa infliggere una stoccata all'economia locale, ed in particolar modo al distretto del marmo, assai fiorente a Comiso, e a quello degli imballaggi in legno, molto presente a Vittoria; entrambi hanno sempre contato sul trasporto ferroviario, e dal prossimo 15 settembre potrebbero trovarsi in grosse difficoltà. Non si può defraudare un'intera area di due scali strategici per il comparto artigianale; non siamo in presenza di rami secchi da tagliare. Tutt'altro. Del resto, la decisione di chiudere i due scali merci va in assoluta controtendenza rispetto alle prospettive che si aprono per il nostro territorio».
Sulla stessa lunghezza d'onda il presidente provinciale dell'Upla Claai, Salvatore Vargetto. «Non può passare sotto silenzio - dice - questo ennesimo scippo perpetrato ai danni del sistema ferroviario della provincia di Ragusa e soprattutto delle nostre imprese. Condivido le preoccupazioni del sindacato Cub trasporti in particolare quando fa riferimento al silenzio assordante delle istituzioni iblee. Era ovvio attendersi, così come accaduto per la protesta sulla penalizzazione dei fondi per le strade provinciali, una mobilitazione generale. Che ancora non c'è stata e che, però, secondo me, non può essere differita. La realtà economica del sistema ibleo è così in bilico che un colpo del genere può pregiudicare il tentativo di risalita verso la china che le nostre pmi stanno cercando di porre in essere». Vargetto rivolge quindi un invito alle forze sociali della provincia di Ragusa affinché, ancora una volta, così come succede sui grandi temi, facciano sentire unitariamente la propria voce coinvolgendo in modo propositivo anche le istituzioni locali e quei rappresentanti politici che, fino ad oggi, sono rimasti in silenzio.