Autoproduzione. USB Porti: una battaglia dei lavoratori portuali che devono tornare protagonisti

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Sul tema dell’autoproduzione nei porti si sta giocando, ormai da tempo, un feroce braccio di ferro tra compagnie armatoriali e imprese e cooperative portuali. Il commento alle recenti sentenze del Consiglio di Stato, da parte dell’avvocato di GNV, è solo uno dei tasselli di questa guerra che al momento si sta giocando più nelle aule dei Tribunali che sulle banchine. Perché, è bene ribadirlo in premessa evitando prese di posizioni ipocrite e strumentali, alla nostra organizzazione sindacale arrivano decine di segnalazioni di casi di autoproduzione “non autorizzata” in diversi porti italiani.

I tentativi da parte delle compagnie armatoriali, nel silenzio più o meno consapevole dei vari soggetti portuali, di utilizzare personale marittimo per le operazioni di rizzaggio e derizzaggio, si susseguono ormai quasi quotidianamente. Salerno è sicuramente il caso più emblematico con i portuali Intempo, che hanno portato avanti la battaglia proprio contro l’autoproduzione, “allontanati” e lasciati senza turni, sembra, per volere dello stesso armatore. Ma anche Palermo, Livorno, Trieste e via dicendo.

Se da una parte il quadro normativo al momento non sembra mutato, nonostante le dichiarazioni dell’avvocato GNV, dall’altra è chiaro che è solo una questione di tempo. Senza una reale opposizione prima di tutto da parte dei lavoratori portuali, il rischio che alla fine l’autoproduzione, o per meglio dire la totale e definitiva liberalizzazione del sistema del lavoro portuale, rischia di arrivare molto presto.

Tutti i soggetti, cosiddetti portatori di interesse, stanno giocando la propria partita sottotraccia e senza l’avvio di una forte mobilitazione sindacale non è difficile pensare che, prima o poi, si giunga ad un accordo di compromesso, magari anche attraverso modifiche normative del Governo, lasciando i lavoratori con il cerino in mano. Un governo, in questo caso nella veste del Ministero dei Trasporti, che non riceve da mesi le organizzazioni sindacali e nega qualsiasi confronto. D’altra parte, è proprio l’Italia uno dei pochi paesi Europei ad aver accettato integralmente e con entusiasmo le direttive comunitarie in fatto di “apertura del mercato”. Un sistema che da una parte:” non tollera l’esistenza di posizioni dominanti o di diritti esclusivi per le operazioni portuali” ma dall’altra ha consegnato nelle mani di 6/7 compagnie armatoriali la quasi totalità dei traffici a livello mondiale. Di cosa stiamo parlando?

In conclusione: siamo convinti che si debba, nell’immediato, proseguire nella denuncia puntuale di ogni tentativo di autoproduzione non autorizzata così come è stato fatto, ad esempio a Salerno con un esposto direttamente alla Procura della Repubblica. Occorrerà poi fare pressioni sulle AsDP, affinché qualsiasi eventuale richiesta di autorizzazione abbia effettivamente i requisiti; questi, al momento, restano quelli di sempre e cioè l’assenza, all’interno del singolo porto, di società o cooperative portuali art 17 comma 2 o comma 5 che possano svolgere le operazioni portuali e il rispetto tassativo della L 585 all’art 8, cioè che le compagnie armatoriali utilizzino personale esclusivamente adibito alle operazioni portuali. Ma, più in generale, serve una presa di coscienza da parte dei lavoratori portuali rispetto agli enormi rischi che si materializzeranno nei prossimi mesi e anni.  Siamo noi che dobbiamo tornare ad essere protagonisti.

USB Mari e Porti