Crisi Alitalia, USB: la proposta Fassina può farci uscire dalla trappola della discontinuità e dei vincoli UE

Roma -

Abbiamo letto l’emendamento al decreto Milleproroghe proposto dall’onorevole Stefano Fassina riguardo una possibile soluzione per uscire dall’impasse attuale, salvaguardando l’impianto industriale di Alitalia e mettendo le basi per un rilancio anche sulla base di proposte già elaborate dal professor Ugo Arrigo.

Alla luce delle condizioni e dei rilievi pesantissimi presentati dalla Direzione Concorrenza della Commissione UE, si deve prendere atto che il tentativo di creare una NewCo in perfetta discontinuità con il passato si sta trasformando in una trappola letale per il futuro industriale di un vettore nazionale degno di questo nome e dell’occupazione di migliaia di lavoratori.

Una situazione insostenibile anche a causa di un piano industriale del tutto inadeguato e insufficiente per superare le cause che hanno prodotto una crisi infinita di Alitalia. Senza un deciso cambio di passo rischiamo di consegnare definitivamente un settore strategico a interessi diversi da quelli nazionali e rinunciare a presidiare i preziosi flussi commerciali e turistici così importanti per il nostro Paese.

Per questo motivo, USB valuta positivamente questo emendamento – che a seguire viene analizzato nel dettaglio - , così come promuoverà tutti i progetti e le iniziative che facciano uscire l’intera vicenda dalla trappola in cui è scivolata.

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Alcuni giorni fa il deputato Stefano Fassina ha presentato un emendamento al “decreto milleproroghe” in discussione in parlamento che riguarda direttamente la situazione Alitalia. La proposta Fassina potrebbe andare nella direzione da noi auspicata della nazionalizzazione “vera” della compagnia. L’on. Fassina riprende una proposta di Ugo Arrigo, professore alla Bicocca di Milano, già tradotta in un emendamento dallo stesso Fassina ma che fu bloccata circa un anno fa. In questo articolato legislativo si parla della possibilità di restituzione allo Stato degli asset “IN NATURA”, cioè considerandoli di per sé un valore economico, a fronte del debito maturato negli ultimi 4 anni dall'Amministrazione Straordinaria, con l’obiettivo di preservarli, per il fatto che la Compagnia di bandiera rappresenta un pezzo strategico dei trasporti nel Paese strettamente legato all’industria aeronautica e al turismo.

Questa operazione si esplicita con il trasferimento allo Stato senza “cessazione o discontinuità” dell’attività, previo accordo con l’amministrazione straordinaria che costituisce “un veicolo societario” al quale trasferire la proprietà e gli attivi. La società potrebbe essere Alitalia CityLiner una volta uscita dall’A.S.

La premessa è la restituzione allo Stato dei finanziamenti di cui ha usufruito l’A.S. nei quasi 4 anni di gestione, quindi si parla di una NewCo di proprietà dello Stato, priva di debiti. La logica conseguenza di quest’operazione è che il “veicolo societario” altro non sarebbe che una NewCo in continuità operativa, quindi esterna ai lacci richiesti per una nuova azienda in discontinuità, ma che, una volta restituito il prestito consistente in 1300 mln + interessi maturati, o parte di esso, vedrebbe cadere le limitazioni UE su occupazione, logo, loyalty, perimetro e gli altri 96 rilievi fatti sul piano industriale con la lettera della D.G. alla Concorrenza della Commissione U.E. dell'8 gennaio scorso.

Se l'amministrazione straordinaria fa tutto quello che è nelle sue possibilità per restituire il debito, anche se non integralmente, potrebbero cadere anche le procedure d’infrazione già aperte per i finanziamenti elargiti, altrimenti considerati come "aiuti di Stato”. Infatti la restituzione in natura chiude necessariamente la procedura d'infrazione sul prestito. È bene specificare che lo Stato PUÒ possedere aziende, pensiamo ad esempio alle Ferrovie, ma al contrario NON PUO’ finanziare operazioni apparentemente “di mercato” con aiuti camuffati senza incorrere nella censura delle procedure d’infrazione.

Come USB scrive nei suoi documenti, a questo punto sarebbe importante che:

- il piano industriale fosse rimodulato e rivisto per le necessità di rilancio in due fasi: una prima di 24/36 mesi, fino al 2023, finalizzata all’uscita dall’emergenza pandemica con una leadership di mercato; una seconda fino al 2025 per la definitiva espansione nel mercato raggiungendo le 130/150 macchine necessarie, inclusa la spinta sul L/R che sarà l'ultimo segmento di mercato a riprendere;

- per ciò che attiene all’occupazione, tutto il personale del Gruppo Alitalia in forza, salvo accordi per uscite legate al raggiungimento dei requisiti previdenziali nell’arco degli ammortizzatori sociali, rimarrebbe legato al trasferimento degli asset con la maggiore garanzia della continuità;

- lo Stato risparmierebbe diverse centinaia di mln di euro di ammortizzatori sociali e cassa integrazione.

Ferma restando la complessità di questa ipotesi che comunque andrebbe sostenuta dalla politica e dall’approvazione dell’emendamento e un successivo decreto ad hoc, la concretezza è insita nel fatto che lo Stato è nello stesso tempo un unico soggetto, creditore e debitore.

La disponibilità economica complessiva dei 3 mld resterebbe comunque buona anche dopo il pagamento del debito senza escludere successivi investimenti da parte dello Stato.

 

Unione Sindacale di Base – Lavoro Privato

 

1° febbraio 2021