Il 4 dicembre ha rotto l’unanimismo: Draghi non è il presidente di tutti
La giornata nazionale di lotta di sabato 4 dicembre, il No Draghi Day, non solo ha visto una larga partecipazione nelle 27 piazze organizzate a livello nazionale dall’insieme del sindacalismo di base e conflittuale, ma ha segnato plasticamente la rottura della melassa politico-istituzionale intorno alla figura del banchiere Draghi.
Dopo il riuscito sciopero generale dell’11 ottobre, la scelta di indire una giornata nazionale di mobilitazione ha avuto la capacità di rimettere al centro le questioni più rilevanti sul tappeto, che il PNRR e la manovra economica stanno affrontando, ancora una volta, sposando il punto di vista e le pressanti richieste dell’Unione Europea e della Confindustria.
Disuguaglianze, licenziamenti, reddito, salario, carovita, sfratti, precarietà, pensioni, salute, istruzione… nessuno di questi temi, centrali nelle parole d’ordine delle manifestazioni, trova risposta nei programmi economici e sociali del governo Draghi.
Le scelte in ordine alla distribuzione dell’enorme quantità di denaro in arrivo con il Recovery fund, oltre 270 miliardi complessivi, vanno in tutt’altra direzione e questo avviene con il consenso e il plauso unanime di forze politiche e sindacali, di pressoché tutto l’apparato mediatico e di un Parlamento ridotto a comparsa obbediente e prona.
La questione sul tappeto, la discussione in corso non è sulle cose da fare, su ciò che serve davvero ai lavoratori e alla gente comune ma su chi farà il presidente della Repubblica e, nel caso fosse Draghi, chi al suo posto farà il presidente del Consiglio. Le manifestazioni di sabato 4 hanno detto chiaramente che c’è un pezzo di Paese che non vuole l’ex governatore BCE né al Quirinale né a palazzo Chigi, che lo ritiene uno dei maggiori responsabili, nelle sue trascorse esperienze da banchiere prima e da appartenente alla troika dell’Unione Europea poi, del disastro prodotto con le politiche di austerity messe in campo per scaricare i costi della crisi economica dello scorso decennio sui Paesi deboli politicamente ed economicamente e sui ceti popolari.
Abbiamo avviato, con il No Draghi Day, una campagna fatta di lotte e di mobilitazioni per denunciare il vero volto delle politiche che il premier rappresenta e che i lavoratori e i ceti popolari vogliono battere.
Unione Sindacale di Base