LETTERA APERTA SUL DIRITTO DI SCIOPERO SUI SERVIZI PUBBLICI, SULLA RAPPRESENTANZA SINDACALE.

Nazionale -

A Presidente della Commissione di Garanzia Roberto ALESSE

Ministro Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio

Presidente ASSTRA Massimo Roncucci

Presidente Conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino

Presidente Anci Piero Fassino


Scrivente O.S.,


OSSERVANDO che a seguito dei fatti legati allo sciopero di venerdì 17 aprile 2015 all'ATAC di Roma la stampa riporta prese di posizione delle autorità in indirizzo che prospettano o richiedono (ognuno per il suo ruolo) una ulteriore stretta sul diritto di sciopero;


Ritiene preliminarmente opportuno premettere, sottolineare e rammentare che:


  • l'Art. 39. della Costituzione recita“ L'organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce;

  • Con una recente pronuncia la Corte Costituzionale, avente ad oggetto l’articolo 19 dello Statuto del Lavoratori, ha affrontato il dibattuto tema della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, comma 1, lettera b), dello Statuto (legge 20 maggio 1970, n. 300), “nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale sia costituita anche nell’ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti, quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda”;

  • L’articolo 19 rappresenta la norma-filtro che permette alle organizzazioni sindacali di costituire rappresentanze in azienda e di godere dei diritti di cui al Titolo III dello Statuto, a condizione che sia rispettato un particolare requisito;

  • L’unico requisito stabilito dalla norma è che tali rappresentanze siano costituite nell’ambito di associazioni sindacali firmatari dei “contratti collettivi applicati in azienda”;

  • Tale formulazione è il risultato di una consultazione referendaria, indetta con D.P.R. 5 aprile 1995, n. 312, che ha privato l’articolo della lettera a) e ha eliminato il riferimento al carattere nazionale o provinciale della contrattazione collettiva sottoscritta dall’associazione sindacale nella lettera b), aumentando il novero delle competenze della contrattazione collettiva aziendale, determinando un evidente contrasto con gli articoli 3 e 39 della Costituzione;

  • Così come formulato l'art 19 ha attribuito al datore di lavoro un eccessivo potere mentre l’obiettivo del referendum era allargare le maglie del criterio della maggiore rappresentatività la parte datoriale ha potuto decidere e può continuare a decidere di non ammettere al tavolo di trattativa sindacati pur rappresentativi con il giochetto del “non siete firmatari di contratto” sindacati firmare alcun contratto collettivo;

  • Dal 1995 ad oggi le Istituzioni, i Governi ed i vari rappresentanti parlamentari, non hanno mai ritenuto di dare una legittima risposta a quel risultato referendario nel mentre si è continuato con il limitare l'esercizio della libertà sindacale in quanto viene negato all'associazione sindacale il diritto di decidere la sottoscrizione o meno di un contratto collettivo subordinando così, oltre che la tutela degli interessi dei lavoratori, la prospettiva di ottenere (firmando) o perdere (non firmando) tali diritti;

  • Viene sistematicamente negata la partecipazione al negoziato il dato che evidenzia l’effettiva forza contrattuale e la capacità rappresentativa del sindacato, mentre la mera sottoscrizione dell’accordo si palesa come un elemento che può essere rimesso alla valutazione del datore di lavoro che paradossalmente si arroga il diritto di considerare più o meno rappresentativo un sindacato dagli altri pur avendo un maggior numero di iscritti rispetto ad altri e quindi definendo lui i soggetti legittimati alla costituzione di RSA, ad esercitare i diritti connessi compreso il diritto di trattativa.

Ora si vuole coercire il diritto alla protesta e al dissenso, prendendo strumentalmente a pretesto i fatti legati allo sciopero di venerdì 17 aprile all'ATAC di Roma, dove emergono inequivocabilmente responsabilità da parte di dirigenti dell'Azienda, costruendo ulteriori strettoie al diritto di sciopero, già abbondantemente regolamentato dalla legge 146/90 così come modificata dalla 83/2000 e pesantemente manomesso dai continui interventi della Commissione di Garanzia che invece di “GARANTIRE” il rispetto della legge sullo sciopero da parte di tutti i soggetti (lavoratori – sindacati – datori di lavoro) con deliberazioni che contrastano con l'art. 40 Costituzione” Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano” V. legge 12 giugno 1990, n. 146, recante «Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali» (G.U. 14 giugno 1990, n. 137) in quanto le “delibere” della Commissione di Granzia sono di fatto veri e propri atti che travalicano, a nostro giudizio, i compiti e gli ambiti di competenza assegnatole dalla legge.


Inoltre si rammenta che il diritto di sciopero è un diritto individuale e che quanto tale è in capo al singolo lavoratore, ancorché alle OO.SS. che hanno il mandato di rappresentarli in difesa dei loro interessi.


L'ipotesi di un referendum preventivo tra i lavoratori di sciopero oltre ad essere in contrasto con il diritto individuale di manifestare il proprio dissenso e praticare forme e strumenti a tutela delle sue convinzioni e diritti inoltre cozza con quanto sopra esposto in quanto occorre ripristinare le regole sulla rappresentanza in termini certi ed universali e non condizionati o subordinati alle valutazioni e discrezionalità dei datori di lavoro o dei vari Governi.


Forse è il caso di rammentare che il 25 aprile di quest'anno cade il 70° anniversario della liberazione e che tale evento determinante per la democrazia in Italia è stato possibile per i combattenti della resistenza, allora considerati criminali dal Governo fascista, e successivamente considerati salvatori della patria, giusti e padri fondatori della costituzione dove l'Art. 1 recita “L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” mentre oggi si vuole imporre il principio che “l'Italia è una Repubblica fondata sul Capitale, sul Profitto, sull'Asservimento del mondo del lavoro, sulla corruttela”.


Per tutto quanto su esposto si richiede un urgente tavolo di confronto dove non prevalga solo il pensiero di chi, molto probabilmente, ha la responsabilità di aver portato l'Italia sull'orlo del baratro finanziario.