Pomigliano: silenzio sull'essenziale
Marchionne le sta provando tutte, compresa l’operazione di presentare l’immagine di un insieme dei lavoratori della Fiat di Pomigliano indifendibili (assenteisti, lavativi, fannulloni, doppio lavoristi in malattia), per iniziare a introdurre deroghe altrimenti impresentabili o perlomeno allarmanti a diritti fondamentali. Questo è l’inizio di un processo epocale.
Viene detto a loro e a tutti i lavoratori italiani: adesso siamo globalizzati e in recessione, voi state in competizione di libero mercato anche coi metalmeccanici cinesi; il capitale va dove le condizioni gli sono più favorevoli: è il libero mercato; se rinunciate a diritti economici sindacali e costituzionali con un “libero referendum”, allora investiamo i nostri soldi qui in Campania e vi diamo un reddito, altrimenti andiamo altrove. Vedete voi.
La maggioranza dei sindacalisti anche della CGIL non solo della CISL e UIL e dei politici, e gli economisti di governo, approvano dichiarando che è una scelta dura ma positiva e realistica, da prendere ad esempio, giustificata dalla necessità di attrarre investimenti, invertire la delocalizzazione e mantenere i posti di lavoro.
Mentono, anzi tacciono sull’essenziale. Ossia sui seguenti fatti:
Le nuove tecnologie, sostenute da maggiore disciplina, potranno sì, anche a Pomigliano, dare un recupero di produttività quindi competitività, ma sarà un fuoco di paglia utile per costruire e confermare, nella gente, l’idea ingannevole che si tratti solo di un problema di concorrenza, di costi del lavoro, e che le variabili, le leve, su cui si può agire siano quelle dei tagli, dei sacrifici, delle rinunce – nella spesa pubblica e nei diritti dei lavoratori ma il mercato di sbocco per la Panda, sempre più difficile da conquistare, qual è la Polonia? La Russia, le centinaia di migliaia di disoccupati, cassintegrati e precari italiani?
I sacrifici, tagli e rinunce non possono avere, non hanno mai avuto, né mai avranno alcun effetto e non sono mai sufficienti, non bastano mai.
Così i tagli dei diritti sindacali e costituzionali dei lavoratori di Pomigliano sono solamente l’inizio. I tagli si allargheranno e si espanderanno. Oggi li facciamo rinunciare a certi diritti di sciopero e di retribuzione in malattia come condizione per dargli una misera paga, domani li faremo rinunciare a tutele contro infortuni e malattie professionali per conservare il “diritto alla pensione”; dopodomani, a pagarsi in toto tutti i servizi pubblici “liberalizzati”.
Per paesi sottoposti alla moneta-debito e alla sovranità monetaria privata delle banche, il peggioramento delle condizioni di vita e di diritti proseguirà senza limiti e recuperi. E come partecipare a una maratona tenendo le gambe nel sacco.
Taglio dopo taglio, perciò arriveremo, inevitabilmente, alle tensioni sociali causa il sempre più rapido impoverimento delle popolazioni e alla necessità di gestirle con nuovi strumenti di polizia, di sorveglianza, di tutela dell’ordine pubblico e di law enforcement, ossia di imposizione della “legge”. A questo fine sono state rese disponibili e vengono introdotte molte nuove tecnologie di monitoraggio, di tracciamento, di ispezione (vedi, da ultimo, Maroni che pare voglia introdurre il bodyscan anche nelle stazioni ferroviarie). Verranno altresì derogate o abrogate le norme che sino ad oggi proibiscono l’uso delle forze armate sul territorio nazionale in funzione di ordine pubblico contro le possibili proteste della popolazione.
==============================================================================
Nuova Costituzione economica?
E’ in atto un’operazione da parte del Governo ed imprenditori per la scrittura di una nuova costituzione economica. Nella costituzione italiana si parla una sola volta di iniziativa economica, all’articolo 41. Lo stesso premier, Silvio Berlusconi ha espresso la volontà di ampliarlo e introdurre un riferimento più consistente alla economia d’impresa e al mercato. L’articolo 41, leggiamolo, recita: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
E’ palesemente evidente che l’articolo 41, in nessun caso ha costituito limite od ostacolo allo sviluppo di impresa o attività economica in Italia.
Al contrario, prendiamo il comma 2 appena citato, rileggiamolo: “Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.” tale articolo consente di individuare e perseguire quelle imprese mafiose (titolari - tramite prestanome - della gran parte degli appalti e subappalti e dei mercati all’ingrosso al sud), ovvero quelle che fanno uscire partite di materiale in nero (a danno di chi fattura fino all’ultimo centesimo e negando la libera concorrenza) ovvero quelle che impiegano manodopera sottopagata (umiliando la dignità umana).
A meno che qualcuno non voglia sostenere che mafia, camorra e ‘ndrangheta agiscono nell’interesse dell’ “utilità sociale”, che faccia parte della libertà d’impresa non emettere fatture oppure affamare i lavoratori. In questi casi non è solo un problema di ordine pubblico, perché è fuori discussione che la presenza di questi sodalizi criminali impedisce lo sviluppo economico a partire dal Mezzogiorno. Quello che va innovato è innanzitutto la certezza del diritto e delle relative sanzioni (penali e amministrative) e poi i tempi in cui questa si attua.
Forse, invece occorre dare soluzione:
* Al problema del costo dell’energia del 20 per cento più caro di quello dei concorrenti confinanti;
* Delle imprese petrolifere che fanno cartello e ci consegnano i carburanti tra i più cari del mondo;
* Alla corruzione pubblica che fa lievitare i costi di pratiche amministrative e appalti;
* Agli sprechi in ospedali, carceri, centri sportivi, scuole, stazioni, opere iniziate e mai finite.
Forse più che cambiare l’art. 41 della Costituzione serve farlo rispettare ….. cosa sistematicamente inevasa vedi i morti da CVM, della ThyssenKrupp, la tragedia ferroviaria di Viareggio, le inarrestabili morti bianche, i ricatti occupazionali che cancellano i diritti, le frodi alimentari … i 120 miliardi di evasione fiscale.
SCHEDA SULLO STATO DI AVANZAMENTO CCNL MOBILITA’
Bari 80%,Brescia 70%, La Spezia 50%, Palermo 90 %, Pisa 25% , Pistoia50%, Pescara 40%, Cuneo 20%, Venezia 73%,, Trieste 46%, Alessandria 80%, Torino50%,Bologna 80%, Reggio Emilia 70%, Firenze 46%, Roma 70%, Cagliari 35%, Torino GTT 75%, Cremona KM 55% , Matera 80%, Milano 50%, Padova 50%, Livorno 30%.
L’alta adesione allo sciopero del giorno 11 giugno 2010 nel settore del Trasporto Pubblico Locale, indetto dal sindacalismo di base per il mancato rinnovo di un CCNL , scaduto il 31 Dicembre 2007, è un segnale preciso da parte degli autoferrotranvieri alle Associazioni datoriali, e a chi senza mandato alcuno continua a trattare tenendoli all’oscuro sugli argomenti materia della trattativa.
Gli autoferrotranviari l’11 giugno 2010 hanno scelto di scioperare per:
* Un rinnovo contrattuale che preveda dei veri aumenti economici che adeguino il reddito medio della categoria al reddito medio annuo dei lavoratori dell'U.E. senza più dover accettare o subire semplici adeguamenti salariali all’inflazione programmata dal Governo;
* Un quadro di regole certe per tutti i lavoratori operanti nel settore, per impedire il dumping sociale e per puntare al miglioramento del servizio, nella massima sicurezza possibile;
* Soldi veri in busta paga, in modo da coprire la perdita economica reale dovuta all'inflazione ed ai ritardi del dovuto rinnovo contrattuale.
I confederali incuranti di questo segnale stanno trattando sul CCNL Mobilità senza verifica di mandato da parte dei lavoratori sulla base di una nuova elaborazione datoriali non fornita ai lavoratori e alla quale hanno presentato le proprie controproposte anche queste non portate a verifica tra i lavoratori.
La delegazione datoriale, ha espresso i propri elementi di dissenso a questa controproposta dei confederali e hanno chiesto un aggiornamento utile ad un proprio approfondimento.
Come mai i confederali incuranti delle più elementari regole democratiche non ritengono utile e necessario dopo oltre due anni e mezzo dalla scadenza del contratto fare a loro volta un approfondimento sulla fase contrattuale con i lavoratori diretti interessati?
E’ legittimo conoscere dettagliatamente le posizioni datoriali e decidere di conseguenza quali devono essere quelle che rappresentano effettivamente la volontà dei lavoratori?
Oppure si troveranno anche loro di fronte al ricatto, che in queste ore vogliono far ingoiare ai lavoratori della Fiat di Pomigliano, di prendere o lasciare, magari con la motivazione che le già insufficienti risorse per il TPL subiranno un ulteriore taglio di 3,5, e quindi accettare e subire anche per il TPL:
• LA CANCELLAZIONE DELLE MALATTIE BREVI;
• L’OBBLIGATORIETA’ DELLO STRAORDINARIO NEI TURNI DI SERVIZIO;
• LA CANCELLAZIONE DEL DIRITTO DI SCIOPERO E DI RAPPRESENTANZA …
LE STESSE PRETESE DELL’ACCORDO DI POMIGLIANO!!!!
I servizi ai cittadini tagliati dalla manovra del Governo
Trasporto pubblico locale, Mercato lavoro, Polizia amministrativa, Incentivi alle imprese, Protezione civile, Servizio Maregrafico, Demanio idrico, Energia e miniere, Trasporti, Invalidi civili, Salute, Opere pubbliche, Agricoltura, Viabilità, Ambiente, Rimborso tasse automobilistiche, Difesa incendi, Borse di studio, Contratti Trasporti Pubblico Locale, Politiche sociali, Lavoro disabili, Procreazione assistita ed altro, Prestiti d'onore, Lotta all'inquinamento, Fondo affitti, Fondo politiche per la famiglia, Consiglieri di parità, Turismo, Edilizia residenziale agevolata, Sostituzione autobus, Fondo non autosufficienze, Fondo occupazione, Edilizia sanitaria pubblica.
Questi sono alcuni dei servizi che la manovra del Governo taglia e riduce drasticamente. "La manovra mette strutturalmente in discussione non solo il federalismo, ma i servizi forniti ai cittadini dalle Regioni”, ha spiegato Vasco Errani, Presidente della Conferenza delle Regioni.
La manovra economica del governo taglia di netto i fondi per il Trasporto pubblico locale ma allo stesso tempo ci regala una efficiente macchina del tempo, quella per poter tornare indietro di anni fino a quando i servizi di trasporto per lavoratori e studenti pendolari erano quasi assenti.
E adesso il Trasporto locale rischia di dover subire una brusca battuta d’arresto. Il cui primo effetto sarà l’impossibilità di finanziare e garantire i servizi essenziali per migliaia di pendolari, studenti e lavoratori, che ogni giorno si spostano per andare a guadagnarsi da vivere, e a studiare per avere un futuro migliore. Inoltre, le aziende dei trasporti saranno “costrette” a ….. usare questa emergenza contro i propri dipendenti azzerando qualsiasi margine di trattativa per il rinnovo del Pdr.
Regioni, Province e Comuni sceglieranno di ridurre il servizio di trasporto o in alternativa di aumentare le tariffe.
Se il Comune di Venezia, ad esempio, non ricevesse più i finanziamenti dalla Regione, non potrebbe più continuare la realizzazione del percorso del tram in terraferma e probabilmente significherebbe anche una diminuzione del numero di corse e mezzi attualmente forniti con gli autobus, con il conseguente allungamento dei tempi d'attesa, rendendo il trasporto pubblico meno appetibile, con conseguente ulteriore spostamento di pendolari dal trasporto pubblico a quello privato e più inquinante delle automobili.
Basta questo per comprendere che la manovra iniqua e recessiva del governo non contiene alcun elemento di sviluppo, ma piuttosto lo ostacola.
E’ difficile, però, non ricordare che l’attacco al trasporto pubblico locale da parte del governo, parte da lontano. Basti pensare che già la prima la legge finanziaria del governo Berlusconi ha cancellato i trasferimenti aggiuntivi annuali a carico dello stato e legati al gettito dell'accisa sul gasolio per autotrazione.
Quando Berlusconi e Tremonti sostengono di non aver messo le mani nelle tasche dei cittadini, sanno di aver delegato il triste compito alle Regioni che, a loro volta, potrebbero dover recuperare risorse, ad esempio per il welfare, facendo leva sulla imposizione fiscale.
Secondo le prime stime, infatti, la manovra imporrebbe 3,5 miliardi di sforbiciate ai Comuni italiani.
Saranno dunque i Comuni a mettere le mani nelle tasche dei cittadini, aumentando la Tarsu e le tariffe dei servizi?
Occorre mobilitarci per impedire tale situazione che come lavoratori del trasporto pagheremmo più volte:
Contratto sotto schiaffo e a rischio ricatti pesantissimi come alla Fiat di Pomigliano;
Peggioramento delle già pesanti condizioni di lavoro;
Possibile taglio dei servizi con conseguenti problemi occupazionali.
Basta e avanza…Occorre mobilitarsi!!!