Alitalia ITA, USB: non è un piano industriale ma una nuova mattanza. Non ci siamo proprio!
USB è ancora in attesa della convocazione da parte di ITA per la presentazione ufficiale del Piano industriale, quindi possiamo ragionare solo su quanto Caio e Lazzerini hanno anticipato venerdì scorso, ma da quanto si evince dalla conferenza stampa possiamo affermare che non ci siamo proprio.
A fronte di un investimento pubblico previsto di 3 miliardi si riuscirebbe a ottenere a regime, nel 2025 in un mercato ritornato quello pre-Covid, uno “splendido” risultato fatto di:
- una compagnia con 20 aerei in meno di oggi, che si trova in amministrazione straordinaria;
- duemila dipendenti in meno degli attuali;
- un rapporto aerei/dipendenti identico all’attuale, sarà cioè una compagnia con identico assetto di flotta ma senza recupero di lavorazioni dall’esterno;
- una previsione di aumento dei ricavi del 10% sempre in 5 anni, non si sa bene come se saremo con meno aerei, meno lavoratori, meno investimenti e meno lavorazioni.
- un orizzonte di 5 anni per recuperare il 75% dell’attuale occupazione, dato semplicemente ingestibile per qualunque sindacato.
Con 3 (tre) miliardi di investimento, un piano del genere equivale a un supermercato che pubblicizza un “prendi 2 e paghi 3”. Un conto è considerare l’emergenza senza precedenti creata dal Covid-19, con gli strumenti per garantire l’impresa e il lavoro fino alla ripresa del mercato, cosa che serve a tutti i lavoratori del settore e non solo ad Alitalia.
Ben diverso è ipotizzare a regime un piano industriale sconfortante, deludente e incomprensibile: la riedizione di qualcosa che abbiamo già visto e che ha dimostrato di essere fallimentare. Oramai anche i sassi hanno capito che occorre fare esattamente il contrario di quanto visto negli ultimi 20 anni, ovvero robusti investimenti per rilanciare il trasporto aereo nazionale e per riprendersi le quote di mercato e le lavorazioni regalate a competitori di tutti i tipi e tutte le provenienze.
Altrimenti sorge il dubbio che si stia creando l’ennesima compagnia sottodimensionata da svendere una volta per tutte a Delta oppure a Lufthansa.
In tale contesto la ministra De Micheli non deve limitarsi a incontrare alcuni sindacati, escludendo quelli meno accomodanti e rappresentativi come USB che da anni lottano contro questi scempi.
USB ha lottato per avere investimenti pubblici destinati a ricostruire un vettore nazionale degno di questo nome, con più aerei, che serva da volano per la riforma e rilancio di tutto il trasporto aereo italiano, che dia risposte per l’occupazione ben oltre gli attuali lavoratori Alitalia, che rimetta insieme la filiera della manutenzione e di tutte le altre lavorazioni buttate al macero da 20 anni.
Questi soldi servono per creare opportunità di ricchezza e occupazione per il settore e per tutto il Paese, che oggi più che mai ha bisogno di lavoro e di prospettive industriali.
USB non ci sta a una nuova mattanza! Nelle prossime ore, lanceremo un calendario di iniziative per i primi giorni di gennaio a difesa del lavoro in Alitalia e nell’intero settore anche dentro la fase di discussione parlamentare che caratterizzerà il prossimo mese.
21 dicembre 2020
Unione Sindacale di Base – Lavoro Privato – Trasporto Aereo