Brandizzo: chiusa l’inchiesta, 21 rinvii a giudizio. RFI sotto accusa per mancati controlli e sicurezza ignorata

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Secondo la Procura di Ivrea, che ha concluso nei giorni scorsi l’inchiesta sulla strage di Brandizzo, nella quale il 31 agosto 2023 persero la vita cinque lavoratori sui binari, Rete Ferroviaria Italiana ha mostrato “sostanziale disinteresse all’adozione delle misure correttive, integrative, migliorative urgenti, volte a prevenire la realizzazione di reati”, limitandosi a “insignificanti prese d’atto” e consentendo prassi diffuse “in violazione dei protocolli interni, con tempi di interruzione della circolazione ben inferiori rispetto alle procedure”, o addirittura “eseguiti in assenza di interruzione della circolazione”.

La Procura dispone 21 rinvii a giudizio, tra cui non solo i lavoratori sopravvissuti e i dirigenti delle società private coinvolte, ma anche l’ex amministratore delegato di RFI, Giampiero Strisciuglio, oggi in Trenitalia. Proprio lo stesso Strisciuglio che, all’indomani della tragedia, dichiarava pubblicamente che in RFI esistono protocolli “rigidi e inderogabili”, autoassolvendosi e scaricando ogni colpa verso il basso, salvo poi licenziare in tronco il preposto RFI presente quella notte, Antonio Massa.

L’inchiesta dimostra il contrario: le responsabilità di sorveglianza e intervento erano a carico dei vertici aziendali, e le omissioni non sono state casuali. La nostra indignazione cresce, pensando alle innumerevoli segnalazioni dei delegati USB negli ultimi anni sulle irregolarità nei cantieri RFI, segnalazioni che aumentavano di pari passo con le esternalizzazioni della manutenzione e la diffusione di un modello operativo basato sul taglio dei costi. Come conferma la Procura, quelle denunce sono state trattate con “sostanziale disinteresse”, mentre verso i delegati sindacali venivano spesso attuate ritorsioni disciplinari per aver segnalato rischi e violazioni.

Il problema delle “prassi” è storico nei cantieri RFI, come dimostrano i troppi infortuni gravi e mortali che hanno preceduto Brandizzo. Oggi, che queste prassi vengono riconosciute come effetto di mancati controlli, resta il nodo di fondo: un sistema in cui la sicurezza viene sacrificata sull’altare del profitto. Non è un caso che già la Commissione parlamentare d’inchiesta, lo scorso anno, avesse denunciato queste criticità e ricordato le pressioni che la Procura subiva da più parti durante le indagini.

Come USB ribadiamo che servono leggi adeguate alla realtà del lavoro, introducendo aggravanti specifiche per omissione di interventi sulla sicurezza da parte dei vertici aziendali, analoghe a quelle previste per l’omicidio stradale: una nuova fattispecie di reato per “omicidio sul lavoro”. Occorre potenziare il ruolo dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) e ridare ai lavoratori reali poteri di controllo sulle condizioni operative.

In ultimo, non possiamo tacere sulla recente riorganizzazione della manutenzione infrastrutture RFI, frutto dell’accordo sindacale del 10 gennaio 2024 e tuttora respinta dai lavoratori: anche qui emerge chiaramente la prevalenza dell’interesse aziendale sul diritto alla salute e alla vita. USB continuerà questa battaglia nei cantieri, nelle piazze e nelle sedi istituzionali, finché la sicurezza non sarà una priorità reale.

USB Coordinamento Nazionale - USB ferrovieri RFI