Hanno fatto il deserto e lo chiamano ferrovia: 25 e 26 gennaio 2025 sarà ancora sciopero
Decenni di smantellamento occupazionale e dismissione di strutture produttive e di servizio:
stazioni, biglietterie, impianti manutenzione, officine, reparti di sorveglianza e controllo;
con la fraudolenta visione politico-manageriale dell’abbattimento dei costi finanziari per la gestione del sistema, hanno prodotto lo “stato delle ferrovie” oggi all’ordine del giorno dell’opinione pubblica e terreno di scontro tra maggiorenti delle varie schiatte del potere politico-economico speculativo.
Uno stato di degrado allarmante, sia che lo si consideri dall’interno delle condizioni di lavoro degli addetti all’esercizio operativo, sia dall’esterno, come prodotto/servizio sociale per la collettività dei cittadini utenti.
Uno stato allarmante per la mancata garanzia di sicurezza, sul lavoro e della circolazione stessa, e per una condizione di prospettiva che sembra non trovare nelle istituzioni e nei blocchi manageriali, soggetti responsabili all’altezza di risposte e soluzioni per il ripristino di quelle garanzie e di quelle condizioni: per l’effettività di diritti fondamentali come quello alla salute e alla sicurezza, alla dignità economica e sociale, alla libera circolazione, per lavoratori e cittadini.
Da qualche mese fanno un’impressione tragicomica i tentativi dei responsabili politico-manageriali del Paese di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica con paventati sospetti di sabotaggio all’infrastruttura ferroviaria: ricorda la tecnica dei borseggiatori sui bus che se scoperti con le mani nel sacco iniziano a gridare al ladro, indicando intorno per svicolare nel solito affollamento dei mezzi pubblici.
Allo stesso modo fa impressione la colposa ignavia con cui i sindacati firmatari di accordi catastrofici come quello del 10 gennaio 2024, di riorganizzazione della manutenzione infrastrutture d RFI, oggi, di fronte al disastro operativo conseguente, blaterano sul mancato rispetto, da parte societaria, di quanto concordato in quel nefando accordo che ha garantito obiettivi storici del management ferroviario e consegnato i lavoratori interessati alla più selvaggia flessibilità degli orari di lavoro e alla più piena arbitrarietà aziendale.
Il vero sabotaggio, in atto da decenni, è quello verso diritti e tutele di cittadinanza e sul lavoro, generato dalle pretese di profitto sul bene comune di un Paese in cui, mentre i salari continuano a scendere, lo stesso stato sociale viene progressivamente smantellato dai colpi della speculazione economica privata.
È tempo che i blocchi popolari e dei lavoratori tornino a occupare piazze e tavoli di contrattazione, riappropriandosi della piena facoltà democratica della partecipazione alla politica e al sindacato, per riprendere parola sulle loro condizioni di vita e di lavoro.
In questo senso i ferrovieri torneranno allo sciopero il 25 e 26 gennaio prossimi, per riaffermare una presa di parola senza la quale sarà impossibile ogni tentativo di rivendicazione sul loro stato esistenziale e di contrasto alle logiche privatistico - speculative, nel momento in cui burocrati societari e sindacali stanno negoziando i rinnovi contrattuali del settore.
Il 25 e 26 gennaio sarà ancora sciopero per un contratto che ripristini:
- effettive tutele per la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori dell’esercizio
- riduzione orario di lavoro a parità di stipendio
- dignità economica e professionale
- democrazia sindacale e partecipazione assembleare di lavoratrici e lavoratori ai negoziati per il rinnovo di contratti e accordi
Aumenta la crisi! Aumenti la lotta