Il TPL di Roma Capitale ha un nuovo carburante: le briciole
Neppure la pandemia è riuscita nell'intento di riportare al centro delle scelte politiche l'importanza dei servizi pubblici. Dopo la sanità, che dal Piano Nazionale Ripresa e Resilienza prenderà una fetta risibile dei fondi per l'emergenza, tocca ai trasporti subire una imponente battuta di arresto.
Degli oltre 9 miliardi richiesti da Roma Capitale per potenziare un trasporto pubblico ridotto a colabrodo, il governo Draghi sembrerebbe aver rivisto nettamente le priorità, destinando alla Capitale solo 500 milioni di euro. Col placet di tutti i partiti che hanno acclamato l'arrivo del banchiere come la soluzione che ci avrebbe traghettato fuori dalla crisi economica e sanitaria, nessuna obiezione si è levata per contrastare quello che, agli occhi dei più attenti, sembra un piano scritto da Confindustria più che dai rappresentanti di governo.
Poche briciole, perché di questo si tratta, destinate ad uno dei servizi che per l'elevato rischio di trasmissione del contagio, è secondo solo alle strutture sanitarie. Una scelta di per sé irragionevole, che non ha neppure tenuto in considerazione le peculiarità del territorio, in una città complessa e vasta come Roma, che proviene già da decenni di disinvestimenti strutturali.
Il Recovery Plan doveva e poteva essere quello strumento finanziario necessario al potenziamento dei servizi essenziali e contrastare così la diffusione del virus e garantire l'incolumità a operatori e utenti. Al contrario si è trasformato in una mangiatoia per imprenditori senza scrupoli pronti a raschiare il fondo, senza restituire nulla alla comunità, in termini di efficienza e qualità dei servizi essenziali e tutto questo mentre ci avviciniamo ad onorare il decennale del referendum del 2011 che ha visto la popolazione esprimersi a sostegno dei servizi pubblici. Una volontà popolare che continua ad essere disattesa e tradita da tutti i partiti che fino ad oggi si sono seduti sullo scranno del potere.
USB Lavoro Privato Roma
4-5-2021