Legittimo rifiutare la prestazione lavorativa, in presenza di pericolo.

La Cassazione decide:

in presenza di pericolo, mi posso rifiutare di lavorare !

Roma -

IL RIFIUTO DELLA PRESTAZIONE LAVORATIVA PER PERICOLOSITA' DELL'AMBIENTE DI LAVORO DEVE RITENERSI LEGITTIMO - Non costituisce

insubordinazione (Cassazione Sezione Lavoro n. 11664 del 18 maggio 2006 Pres. Mileo, Rel. D'Agostino).

 

Fabio A. e Junior B., dipendenti della s.p.a. Laterizi Arbia come operai addetti

alla cromatura, nel settembre del 1997 hanno rifiutato di continuare a lavorare nel locale "galvanica", per la pericolosità dell'ambiente

ove erano presenti gas e vapori tossici.

L'azienda, previo procedimento disciplinare, li ha licenziati, ma, dopo aver ricevuto le lettere di impugnazione dei licenziamenti, li ha richiamati in servizio. I lavoratori non hanno aderito all'invito e si sono rivolti al Tribunale

di Siena, chiedendo l'annullamento del licenziamento. Il Tribunale, dopo aver disposto una consulenza tecnica, ha accolto la domanda,

ordinando la reintegrazione dei lavoratori e condannando l'azienda al risarcimento del danno.

La Corte d'Appello di Firenze ha confermato la decisione di primo grado, rilevando che il rifiuto dei lavoratori di continuare a prestare la loro attività era giustificato, in quanto nel locale "galvanica" si sviluppavano gas e vapori

tossici, contenenti agenti notoriamente cancerogeni quali il cromo, senza idonea

aspirazione, con diffusione di polveri in ambiente di altezza inferiore a tre metri. La Corte ha escluso pertanto la configurabilità dell'insubordinazione ed ha anche affermato che il licenziamento non poteva ritenersi revocato, mancando l'accordo degli interessati, necessario per la ricostituzione del rapporto di lavoro.

L'azienda ha proposto ricorso per Cassazione, censurando la decisione impugnata per vizi di motivazione e violazione di legge.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 11664 del 18 maggio 2006 Pres. Mileo, Rel.

D'Agostino) ha rigettato il ricorso, in quanto ha ritenuto che la Corte di Firenze abbia adeguatamente motivato la sua decisione con riferimento alle risultanze istruttorie, da cui emergeva la pericolosità dell'ambiente di lavoro.

Essa inoltre ha richiamato la sua giurisprudenza secondo cui, affinché il licenziamento disciplinare possa ritenersi revocato ed il rapporto di lavoro ricostituito, non è sufficiente in mero invito a riprendere servizio rivolto dal datore di lavoro al licenziato, ma è necessario un accordo che presuppone corrispondenza fra proposta e accettazione.

 

[Fonte:www.legge-e-giustizia.it/>Legge e Giustizia]