Porto di Genova, USB: la prima preoccupazione deve essere il lavoro, serve un accordo quadro generale
USB Porto di Genova ha partecipato oggi all'incontro della commissione tecnica con le organizzazioni del lavoro e i sindacati, illustrando il documento allegato. Nella lunga esposizione dell’Autorità di Sviluppo Portuale sono stati dati numeri di crescita del lavoro e dei traffici di container. Sui numeri che ci sono stati forniti abbiamo ribadito le nostre osservazioni sulle criticità che emergono dalle stime sulla futura forza lavoro del bacino di Sampierdarena. Si calcola infatti che passerà da 1000 a 1800 addetti portuali, proiezione basata su un calcolo matematico tra l'incremento di traffico dei container e il fabbisogno di manodopera per movimentarli, senza tener conto del Piano dell'Organico Porto, che in base alla legge 84/94 è obbligatorio presentare.
Un’ulteriore nostra preoccupazione, legata alla fase di realizzazione dell'opera, è l'impatto dei cantieri che potrebbe pregiudicare le attività lavorative portuali di banchina nei prossimi 10 anni per il bacino di Sampierdarena, sia per quanto riguarda la movimentazione di container che per i RoRo e i traghetti.
Nel dibattito seguito alla presentazione ci ritroviamo in particolare a concordare con gli elementi evidenziati dal Console della CULMV, che ha esposto preoccupazioni per la mancanza di programmazione dell'inevitabile tournover dei lavoratori portuali e sull'impatto che avranno digitalizzazione e automazione.
Come USB Porto siamo disponibili al confronto sulle tematiche lavorative ma siamo preoccupati, visto come la storia ci insegna, che le grandi opere rappresentino solo fiumi di denaro con possibili rischi di infiltrazioni criminali, contratti di lavoro precari e benefici quasi nulli per i lavoratori ma anche per la cittadinanza.
USB Porto di Genova
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Senza il lavoro non c’è interesse pubblico per il Porto di Genova
Il resto è profitto privato che si divide tra Singapore, Londra, Parigi, Ginevra, Pechino, Copenaghen, Milano …
Dalla nuova diga deve nascere un nuovo porto del lavoro
Dei limiti e delle contraddizioni tecniche e economiche del progetto della nuova diga è già stato detto da più parti. Per cui ci aspettiamo che il progetto sia rivisto per essere elevato a uno standard degno della grandezza fisica e finanziaria dell’opera e della sua importanza sociale.
A noi di USB Porto preme segnalare in particolare il tema dell’occupazione, sia nell’attesa che a seguito della nuova opera, oltre alle questioni del mercato del lavoro e le condizioni in generale dei lavoratori nella città e nel territorio. Il tema del lavoro sinora è stato trattato in maniera assolutamente insufficiente, con qualche proiezione dell’occupazione di cantiere e portuale calcolata sulla base di uno studio del 2016, basato per lo più su dati 2011, parziali e sommari. Del cosiddetto aggiornamento 2020 di quello studio non abbiamo visto traccia.
Del resto, l’AdSP non ha ancora aggiornato il Piano dell’organico dei lavoratori portuali previsto dalla legge 84/94, la cui prima edizione del 2018 era priva di dati significativi e di analisi sul futuro. Per mettere in imbarazzo questa amministrazione portuale basterebbe che un qualsiasi giornalista chiedesse quanti lavoratori sono occupati in porto a Genova. L’amministrazione, secondo noi, non saprebbe rispondere. Rimarchiamo questi aspetti per sottolineare il contrasto tra la cura delle presentazioni dei progetti della diga, delle dimensioni delle navi, degli investimenti delle imprese, e l’incuria e la superficialità con cui viene trattato il tema del lavoro. Su questo ancor di più ci preme conoscere, viste anche le cifre a 6 zeri sui previsti aumenti dei traffici di container, se esistono stime o previsioni di incremento dei posti di lavoro, tenendo anche conto di un tema assente dalla discussione che è quella della automazione e della digitalizzazione che immaginiamo siano il portato degli investimenti che saranno necessari sulle banchine per adeguarsi al porto del futuro.
Nel dossier di progetto è scritto che: “La realizzazione del progetto della nuova diga permetterà al porto di Genova di non avere limiti allo sviluppo dei traffici portuali, che dipenderanno quindi dalla capacità dei terminalisti”. Come dire: noi “pubblico” potenziamo l’Offerta, alla Domanda ci penserà il “privato”. Noi riteniamo che non ci si debba affidare ciecamente alla “capacità dei terminalisti”, ma che l’Autorità di Sistema Portuale debba mantenere il ruolo pubblico essenziale di governare “lo sviluppo dei traffici portuali” nel principale interesse generale, in accordo al quale vanno contemperati gli interessi delle imprese private e non viceversa.
Nell’ambito dell’“interesse generale” ha per noi un peso decisivo lo sviluppo del mercato del lavoro. Con ciò intendiamo il miglioramento dell’attuale occupazione portuale sotto il profilo della sicurezza e della salute, della stabilità contrattuale e della qualificazione professionale, e la sua rigenerazione per il futuro attraverso un turn over di nuova occupazione, giovanile e femminile, formata ai nuovi profili professionali e alle nuove tecnologie. Una rigenerazione che implica l’adozione di misure già in parte previste dalla legge per il riconoscimento del carattere usurante del lavoro sulle banchine e per l’eventuale ricollocazione dentro il porto con altre mansioni adeguate a certe condizioni psico-fisiche.
In attesa che l’AdSP assuma questo ruolo istituzionale vogliamo indicare una strada nuova per tracciare le linee di sviluppo del porto e con esso quello del lavoro.
Tenuto conto che la diga riguarda l’intero porto di Genova e in chiave sistemica anche i porti di Prà e di Savona e che il tempo di costruzione sarà una decina di anni, chiediamo che l’AdSP componga un PIANO OPERATIVO GENERALE DEL PORTO COMMERCIALE che riunisca e ordini in un unico documento i “programmi operativi” (ex art.16) o “programmi di attività” (ex art.18) “volti all'incremento dei traffici e alla produttività del porto” che i terminalisti sono tenuti a presentare all’AdSP. Programmi e piani che l’AdSP valuta per rilasciare l’autorizzazione o la concessione e che costituiscono oggetto di monitoraggio e di aggiornamento durante tutto il periodo di gestione dei terminal. In tali piani di impresa sono presentati gli scenari di traffico e sono iscritti, come impegni assunti dall’impresa di fronte all’AdSP, gli obiettivi produttivi, gli investimenti reali e l’occupazione diretta e indiretta (lavoro temporaneo). Il mancato rispetto di questi impegni comporta interventi di correzione o integrazione dei programmi, sino anche alla revoca della concessione. Così facendo si otterrà la previsione di sviluppo, non accademica ma pratica e operativa da parte delle imprese, circa i traffici del porto e delle risorse tecnologiche e umane impiegate. Una tale operazione di rivisitazione e eventuale aggiornamento dei piani di impresa si rende peraltro necessaria di fronte al perdurare della pandemia.
Da questa operazione, oltre al PIANO OPERATIVO GENERALE deve scaturire IL PIANO DELL’ORGANICO GENERALE già previsto dalla legge portuale che lo definisce: “documento strategico di ricognizione e analisi dei fabbisogni lavorativi in porto”. Nel piano dovranno essere riportati analiticamente gli organici attuali di ogni terminalista (età dei lavoratori, anzianità di lavoro e di azienda, titoli di studio, provenienza); i contratti applicati (ccnl, inquadramenti professionali, orari e turni, turn over); le ore di lavoro; le ore di formazione; gli infortuni e le malattie; i risultati produttivi e economici rispetto alla composizione e dinamica occupazionale, ecc. Non si tratta di scattare una semplice fotografia dell’esistente, perché il concetto di “piano” proietta la determinazione dell’organico nel futuro e rende trasparenti i piani di impresa sotto il profilo del lavoro.
I due PIANI GENERALI così composti vanno portati alla conoscenza e alla valutazione delle parti sociali e dei rappresentanti dei lavoratori, allo scopo di istruire un ACCORDO QUADRO GENERALE SU OCCUPAZIONE, SICUREZZA, FORMAZIONE, MERCATO DEL LAVORO da stipularsi tra imprese e lavoratori, alla stregua di un accordo territoriale o di distretto, intermedio tra il livello primario e nazionale di contrattazione e quello secondario e aziendale, per accompagnare con la partecipazione dei lavoratori il processo di sviluppo del porto catalizzato dalla nuova diga.
Le materie dell’ACCORDO riguarderanno, a titolo di esempio, l’adozione di standard contrattuali di lavoro improntati alla stabilità, standard formativi in rapporto all’evoluzione tecnologica e al riconoscimento delle professionalità, standard orari e produttivi correlati alle condizioni di lavoro e di sicurezza e salute, percorsi di esodo e di ricollocazione collegati al riconoscimento del carattere usurante del lavoro portuale, standard di accesso al mercato del lavoro portuale e di ricambio generazionale.
Come USB Porto siamo disponibili al confronto sulle tematiche lavorative ma siamo preoccupati, visto quanto la storia ci insegna, che le grandi opere siano solo fiumi di denaro con possibili rischi di infiltrazioni criminali, contratti di lavoro precari e benefici quasi nulli per i lavoratori ma anche per la cittadinanza.
Genova, 26/01/2021
USB Lavoro privato Genova